La natura è il suo habitat. Rotola nella terra, rincorre asinelli e uccellini, falcia il prato e annaffia orgoglioso le rose che tra poco sbocceranno.
Nonostante il vento, non entra in casa neanche per mangiare. Lo rincorro con un cucchiaino di lasagna mentre sgambetta veloce e birichino. Osserva attento il percorso delle formiche, tenta di afferrare le farfalle e non comprende perché non possa fare altrettanto con le api. Si guarda attorno continuamente, è ammaliato da tutto questo verde negli occhi, ogni 20 minuti indica la montagna e mi sorride.
La discesa della notte lo coglie impreparato, è attonito. Non è abituato al buio avvolgente; in testa un manto di stelle. “Mamma guadda, puntini”. Sì tesoro, è davvero bello. Mi torna in mente quella sensazione da bambina, quando nelle sere d’agosto ci posizionavamo lì sul prato e stavamo per ore a fissare quel soffitto stellato e a parlare, poi in silenzio a immaginare. Sembrava di entrarci, nel cielo; eravamo un puntino anche noi, ma sul serio. Era tangibile il nostro essere “piccoli”.
In questi 3 giorni Tempesta non ha mangiato né dormito nulla. Troppo indaffarato a scoprire. Si è cibato di aria fresca e di sole, ha riso per ore. Lo divertiva persino il rumore del trattore. Sembrava una scheggia impazzita, la pallina di un flipper comandato da mani sapienti. Ha giocato a nascondino con il gatto e chiunque avesse la sventura di affacciarsi da noi, ha portato luce nelle giornate tutte uguali della sua nonna bis di 93anni. Ha stabilito una rara connessione con lo zio speciale, 5enne imprigionato in un corpo da adulto. Ha compreso i suoi super poteri e saputo leggere la purezza del suo cuore senza bisogno di passare dal libretto d’istruzioni, come solo un’anima altrettanto pura può fare.
Per noi è stato meraviglioso, faticoso e al tempo straziante.
Realizzare di negargli l’infanzia che noi abbiamo avuto e di cui sembra avere una voglia insaziabile per vivere una vita da prigionieri del nostro tempo. Mio figlio ha 2 anni e ogni giorno fa 8 ore di nido per permettere a me di svolgere un lavoro di cui non mi lamento quotidianamente solo perché non sopporto lo sport della lamentela. Il parchetto nella strada del ritorno un (ridicolo) pallido succedaneo.
Giuro ora mi passa, ma: stiamo sbagliando tutto?
Temo che la risposta sia affermativa. E il fatto che non possiamo fare altrimenti, almeno a me, mi consola molto poco
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Romolo, ci penso sempre più spesso. Possibile che non si possa fare altrimenti?
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Certo che si può. Basta prima fare 6 al superenalotto!
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😂😂😂saggezza!!
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Lo so, ti capisco, il progresso ci ha portato molto lontano dalla nostra naturale modalità di essere felici, che forse consisterebbe in un pigro soggiorno nell’Eden. Tuo figlio, a due anni, non è ancora corrotto dalla civiltà e si trova perfettamente a suo agio nella modalità Eden. Ma l’Eden è un ‘utopia, c’è chi dice che ne siamo stati cacciati e i bisogni primari restano! È molto difficile conciliare lavoro e residenza ottimale, per poterci avvicinare a questa vita ideale di pace e libertà, pochi ci riescono…
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Silvia… non avrei saputo dirlo meglio!! Certe volte mi chiedo: e se non mi impegnassi abbastanza per far sì che ciò accada?
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Richiederebbe un grosso cambiamento! Se ne hai la possibilità, studia un compromesso… per me, bambina, sono state fondamentali le vacanze estive, passate in una casa di montagna sgangherata, poco costose, ma magiche!!!
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W-e ed estate ci salveranno!!
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