Il fondo del mio barile è di cioccolata

Sono una meschina: ho collocato tutte le uova in un posto segreto al piccolo.

Ufficialmente lo faccio per la sua salute; la verità è che sono un’ingorda. Già mentre ceno mi iniziano a pulsare le tempie, il pensiero va fisso a quella cioccolata nascosta e al momento in cui la gusterò.

Sì perché – dopo la trasmigrazione familiare in sala dove c’è la tv –  la mangiatrice compulsiva di zuccheri con una scusa qualsiasi sgattaiola via per massimo due minuti netti in cui va dritta alla meta, l’afferra con avidità, la porta alla bocca con molto poca eleganza e la fagocita con la smania di chi sta scappando da un drago inferocito ma deve fare necessariamente pit stop di cibo altrimenti sviene. In tutto questo, mentre compie il fattaccio, rotea lo sguardo da destra a sinistra, anche un poco piroettando verso la porta per essere certa di non essere colta in flagranza di reato.

Poi con grande dignità si dirige in bagno a sciacquarsi il viso [la fretta partorisce sempre qualche indizio] e torna beata dagli altri. Il suo cucciolo – ignaro – le sorride anche, felice del ritorno genitoriale. Povera bestiolina inconsapevole.

Il padre invece, che conosce i suoi polli [o meglio, le sue pollastre], sa benissimo che celo qualcosa e secondo me immagina anche l’inconfessato ma è silente per non rovinarmi la festa. Sono le nostre piccole, implicite dichiarazioni d’amore.

Alla prova dei fatti, però, con questo giochino in soli quattro giorni ho vanificato settimane al sapore di  cibo salutare tipo mela, kiwi e zenzero; ci stavo provando con tutte le forze. la conclusione è che il problema non sono

  • l’agnello,
  • le patate,
  • la lasagna,
  • i fritti,
  • le pastiere.

Queste fanno parte di una parentesi che si apre e si chiude in un lasso temporale accettabile. La tragedia sono le uova di Pasqua avanzate. Maledette! Che si riproducono e sbucano fuori da angoli remoti della casa e ti inducono in tentazione, senza pietà.

Ne prendi un pezzettino piccolo, poi un altro, poi non c’è due senza tre. Ed ecco che ti ritrovi agonizzante, nauseata e insonne a maledire quei due-minuti-due in cui hai perso il controllo. «Giuro che non mangerò più cioccolata» hanno sentito dire a molti e a me medesima. Ho i cuscinetti che ballano la macarena sulle cosce, un lungo trenino di zuccheri al suono di Brigitte Bardot Bardot.

Arriva the day after [lascio volutamente in inglese, è un film di sopravvissuti ad attacchi nucleari] e tu pensi di esserne ormai immune. Hai pagato la corazza contro i picchi glicemici con un bell’attacco ai villi intestinali; per un pochino sei in salvo.

Entra una collega e ti offre una palla fondente con cuore di nocciola. Eheh, mica mi bugeri, bellamia. Io sono vaccinata contro questi assalti, cosa credi?! Che ci riscasco un’altra volta? Sarò mica scema?!

Poi la tua mano inizia a muoversi. Lentamente, svincolata dagli ordini del cervello. Lei [la mano] prende il dolcetto e lo porta alla bocca, senza colpo ferire.

Tu nel frattempo sei caduta in coma diabetico e non sei in grado di realizzare. Ma è successo di nuovo.

C’è un’unica spiegazione possibile: il fondo del tuo barile è esso stesso di cioccolato.

chocolate addiction

Ciao, sono Tiffany e ho un problema.

8 pensieri su “Il fondo del mio barile è di cioccolata

  1. La cioccolata? Basta non comprarla! La Pasqua è solo una parentesi, poi passa, e un cioccolatino, ogni tanto, offerto in ufficio, non riesce a spostare l’ago della bilancia. Secondo me, basta essere ragionevolmente moderati. Questo vale nel caso in cui non ci siano problemi di salute, altrimenti non c’è da scherzare, ma spero proprio che non sia il tuo caso. 🙂

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