In FUGA PER CONOSCERSI con intermezzi a tema ALICE

*Warning: post surreale il cui filo conduttore é Alice nel Paese delle Meraviglie. Trattatelo bene, gli voglio già bene.

“Non credere mai di essere altro che ciò che potrebbe sembrare ad altri che ciò che eri o avresti potuto essere non fosse altro che ciò che sei stata e che sarebbe sembrato loro essere altro.”

Sto leggendo un libro [ndr. che non è Alice] in cui la protagonista fugge perché a casa, in America, i suoi sogni sono quelli degli altri.

Si accende una lampadina dentro, conosci bene questa sensazione. Più che dai luoghi o dalle persone, ogni tanto scappi da quella che gli altri si aspettano che tu sia. Prendi una boccata d’aria.

“Non son stata io, io in persona a levarmi questa mattina? Mi pare di ricordarmi che mi son trovata un po’ diversa. Ma se non sono la stessa dovrò domandarmi: Chi sono dunque?”

Ti serve a comprendere qualcosina in più di te stessa, oltre che del mondo [che comunque ti appassiona tanto]: cosa ti piace, quando sei realmente a tuo agio.

Succede che scopri adorare le maschere sul viso quando in casa non c’è nessuno, il jazz dal vivo e le persone completamente fuori dagli schemi. Che correre all’alba ti produce pensieri positivi, che passeresti ore al supermercato a comparare merce, qualità e prezzi seppur di cucinare nisba. Che la manualità ha una straordinaria importanza così come rovinarti gli occhi solo per cose interessanti. Che ami l’inverno, l’odore di erba bagnata e la parmigiana di mamma [ma questo lo sapevi già], che ti senti bene solo se anche gli altri lo sono, che vivi felice nel caos e in condizioni precarie. Che se non è tutto perfetto, anzi è un po’ scomodo, sei meno a disagio.

“Che strada devo prendere?” chiese.
La risposta fu una domanda:
– “Dove vuoi andare?”
– “Non lo so”, rispose Alice.
– “Allora, – disse lo Stregatto – non ha importanza“.

Impari a convivere con la solitudine, prima che con altre culture e abitudini; anzi a volte la ricerchi, la solitudine. Sperimenti, tenti, cadi anche, piangi, ritenti. E ti rialzi sempre. Non importa dove stai andando.

“La cosa migliore che possiamo fare è ballare.”
“E se ci prendono per pazzi signor Coniglio?”
Lei conosce saggi felici?
“Ha ragione, balliamo!”

Puoi essere libero, di far crollare una parte o il tutto, di ricostruire nuove impalcature dalle forme cangianti. Di danzare a occhi chiusi senza musica. Di lasciarti andare senza il timore delle aspettative del prossimo.

“Quando ero giovane, mi esercitavo sempre mezz’ora al giorno. A volte riuscivo a credere anche a sei cose impossibili prima di colazione.”

Abbiamo tutti bisogno di fuggire ogni tanto [forse tutti tutti no],  abbiamo tutti bisogno di credere nell’irrealizzabile [questo sí peró]. Che sia gettare l’ancora in abissi sconosciuti, battere sentieri inesplorati, compiere piccole impercettibili rivoluzioni.

“Ma i sogni non sono la realtà!” “E chi può dire cosa è o cosa non è?”

Riserviamoci almeno il diritto di immaginarlo, l’impossibile. Sorridendo beati.

“Alice ma tu ogni tanto impari qualcosa dalle tue esperienze passate o cosa?” “Cosa.”

Non credo esista un’altra via per scoprirsi. O forse sì, ma è più lunga e tortuosa. La dimostrazione é lì, al rientro nel familiare porticciolo: messo il piede a terra si ripiomba nella routine già solcata un miliardo di volte.

Di solito Alice si dava degli ottimi consigli, però poi li seguiva raramente.

Niente più musica dal vivo o balli a note mute, rari i folli con cui accompagnarti, le diottrie bruciano davanti a un computer. Unica costante i supermercati, in cui entri di corsa e con la lista precompilata. Ma.

“Non posso tornare a ieri perché ero una persona diversa allora”.

Il processo è irreversibile, anche se tutto sembra scorrere uguale a prima. Questa forza esiste e cresce. Senza che te ne accorga è lì a prendere a picconate i muri ricomparsi per magia, ad allargare gli orizzonti percorribili con pazienza e dedizione. Per sempre.

“Per quanto tempo è per sempre?
A volte, solo un secondo.”

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Lo capite perché la amo?

 

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