So(g)nni proibiti

In adolescenza – ma pure all’Università -certe dormite incredibili, risucchiata da Sua Maestà Buco Nero il materasso. Sonni comatosi quanto i tizi sotto citogenesi nei film di fantascienza anni ‘90.

Una volta ero talmente stanca [e ubriaca, ammetto] che mi addormentai su una fornacella abruzzese [ndr dove si cuociono gli arrosticini] ancora tiepida. Lì per lì mi piacque anche tutto quel calore: sensazione borsa calda/sedili della metro di Berlino, per capirci. Non so dire quanto duró, ma al risveglio le forme sulle mie chiappe parlavano chiaro.

Fortunatamente non mi credono quando lo racconto.

Da adulta queste botte di narcolessia mi prendono solo durante il giorno, naturalmente quando non dovrebbero. Un po’ come a scuola quando spiegava il professore e a te scendeva un abbiocco manco avessi ingerito una pozione avvelenata [o anche un actigrip, che fa lo stesso]. E allora provavi a concentrarti su un punto del volto del docente o ti sforzavi di assumere posizioni che aiutassero a una parvenza di occhio vigile. Gomito sul banco, pugno chiuso sul lato del viso ad altezza palpebra cadente, pressione sulle ciglia sopra e sotto, postura anche detta: Altrove.

In questi mesi mi capita sempre alle ore 14:50 e – toh, il caso – alle 15 arriva la colf. Succede che mi abbandono quatta quatta sul letto sperando che 10 minuti diventino un’ora e poi, quando le chiavi girano, salto a molla in piedi e fingo con nonchalance di prendere una maglia dal comó di fronte il letto. Sono sicura che la signora si chieda cosa c’è di così interessante in quel mobile blu.

Facevo la stessa cosa al liceo. Avrei voluto dormire anziché studiare, ma la mia nazi-mamma non me lo permetteva. Allora andavo in camera mia, sistemavo i libri belli aperti sulla scrivania, la matita per sottolineare e poi mi sdraiavo con la porta spalancata. Non appena sentivo i nazi-passi arrivare dalla cucina, scattavo a guisa di ghepardo sulla sedia, segnando la pagina in modo ossessivo. A caso, naturalmente.

Perché lo facevo allora era ovvio; perché invece mi comporti così adesso è meno chiaro, ma tant’è.

Una cosa è certa: un intero post sul sonno è senz’altro imputabile alla presenza di un lattante in casa.

Io al liceo, ma mora. L’attenzione era proprio questa.

19 pensieri su “So(g)nni proibiti

  1. tranquilla che ti abitui in poco tempo, addirittura nella fase ipnagogica riuscirai a distinguere un “pianto capriccio” da un “pianto esigenza”.
    Quando esisteva il servizio di leva obbligatorio, molte reclute montavano di guardia turnando ogni quattro ore per tre giorni, c’era chi riusciva a dormire in piedi in garitta, come Fantozzi.

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  2. Quando ero al liceo facevo le nottate a studiare (perché mi perdevo via durante il giorno, mica per altro) e ogni tanto mi veniva l’abbiocco in classe, ma mi rendo conto che all’epoca reggevo botta, adesso invece se non dormo tot ore non ce la faccio a ripigliarmi. (Altro segno di età che avanza, ma non dicevano che quando si invecchia si dorme di meno?)

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