Bud Spencer polaroid della mia pre-adolescenza

A me Bud Spencer sa di casa di zia. E di CUGINI. Di quell’atmosfera anni ’80, di carne al sugo e di pomeriggi di Natale, Pasqua e agosto infiniti. Senza ansia. Lenti e un po’ gialli.

Cugi grande che ci chiama ‘Pigmee’ [vantiamo una statura considerevole in famiglia] e tante idee strampalate partorite da ragazzini in piena eruzione cutanea e cerebrale [vd. alla voce fondazione del Club della montagna con conseguente costruzione di casa pericolante su finto albero, per depositarci alla fine solo pile di Topolino e Dylan Dog]. Loro che obbligano me e mia sorella a guardare sempre gli stessi film, quasi tutti con Bud Spencer e Terence Hill. E noi che non li vogliamo vedere, ci lamentiamo che sono esemplari di maschi ripetitivi ma poi ridiamo, sotto i baffi [non è una metafora, a quell’età io già avevo i baffi, maledetti ormoni].

Bud Spencer mi mancherà perché sa di un tempo che non tornerà più e che ho amato profondamente. Sa di ascelle piottanti, prese in giro e giochi di fantasia senza avere nulla. Noi 5 insieme.

casa albero

Ok, la casa non era fatta così bene, nè l’aria che tirava era così idilliaca, ma il paesaggio era proprio lo stesso

Ormai non ci vediamo quasi, le strade che percorriamo oggi sono diverse e assai lontane. Può capitare e non c’è nulla di male, ma il ricordo è insieme dolce e malinconico.

Bud, sappi che la tua enorme figura si porterà dietro tutto questo pezzo della mia pre-adolescenza. Niente più Banana Joe, Monopoli e ore a fare a lotta [frettolosa io, forse Monopoli si può riesumare. O almeno Risiko]. Le lancette dell’orologio sanno essere impietose, lo sai.

Ps. anche se ho ammesso che mi mancherai, non vuol dire che stasera mi farò convincere da Dr. ♡ a guardare Lo chiamavano Trinità. NoNo, non esageriamo.

(immagine presa da www.aignerhof.it)

 

Breve dizionario di orripilanti parole inglesi per sentirsi fighi a lavoro

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La domanda è: sopravviveremo?

Avete presente? Il mio Prof. si incazzava a morte se qualcuno inseriva parole inglesi in un contesto italiano; quelle latine sono state sempre ben accette, quelle delle lingue vive no.

Forse lui era un po’ troppo tranchant [ops, perentorio], però io giuro che non passa giorno  che non mi corra un brivido lungo la schiena o che non abbia un moto di violenza nei confronti del figo di turno o – peggio – dell’emulatore seriale, ossia quello che per sentirsi figo adotta le medesime litanie.

Purtroppo ormai sono circondata e senza volerlo le uso anch’io. Quando me ne accorgo vado in bagno e faccio harakiri: mi metto comodamente in ginocchio sui ceci e mi frusto sulla schiena fissando allo specchio il viso contrito e dolorante.

A voi l’elenco, meramente esemplificativo. Tra parentesi troverete alcuni sommessi suggerimenti per riportare la locuzione inglese a realtà:

  • FYI = For Your Interest, usato generalmente quando si gira una mail a qualcuno [chiediti se te l’hanno inoltrata solo per utilizzare l’acronimo]
  • Sono in call = sta facendo una chiamata [che potrebbe essere anche a sua nonna]
  • Ho una conference call = videoconferenza [vd. anche: sta su skype con la ragazza]
  • Lo faccio ASAP = as soon as possible [non appena avrò finito di scaccolarmi e scaricare da iTunes]
  • La mia card = ei fu bigliettino da visita, R.I.P. [che poi tutti buttano appena ti giri]
  • È un uomo di network = di relazione [non ha voglia di lavorare, ma è un intrallazzone]
  • È un workaholic = lavoratore indefessoo [tendenzialmente asociale o con problemi famigliari per cui preferisce non rientrare a casa]
  • Questa cosa non FITta = …….italianizzata di doesn’t fit [Potete usare il balcone alla mia dx se volete lanciarvi. Non vi biasimerò]
  • Questa cosa non FA SENSo = sarebbe doesn’t make sense [i veri fighi pensano in inglese e poi parlano in italiano per farti un favore. Stavolta buttatevi veramente]
  • La mia policy = ha l’abitudine di [ma in questo modo la eleva]
  • A che punto è il workflow? = [Il processo l’abbiamo cannato, o stiamo seguendo la tabella di marcia?]
  • È oggetto di review = revisione [ma se lo dici così sembra chissà chi la faccia, tipo manna dal cielo. Probabilmente non ci sta lavorando nessuno]
  • Hai una soluzione di back up? = alternativa [quando va bene il merito è di tutti, quando va male il cetriolo è tutto tuo, caro]
  • By definition, in any case, it depends= uguale in italiano [la potenza del ridicolo che si erge a magnificenza]
  • Davide è off = non è in ufficio [forse è a Honolulu, ma potrebbe anche essere a casa con la cagarella]

Breve esempio di dialogo con esponenti del mondo moderno in cui viviamo.

Tizio: Per il meeting, prepariamo le slide con vision, mission, background e core business; poi pensiamo alla brochure con cui presentiamo topic, working group, i singoli team con i rispettivi task. Prima di forwardare il tutto [forwardare??!! ABORRO], facciamo un briefing con i manager per l’ok. Okay?

Io: [non lo guardare come se fosse un coglione, non lo guardare come se fosse un coglione] Ok.

(Prossimo passo: dimenticare l’italiano. Analfabetizzazione in corso)

(TuTuTuTu. Blank. ByeBye.)

 

 

(immagine presa da www.comunitazione.it)

 

 

Sfiga, esci da questo corpo!

La mia giornata da dimenticare è oggi, e sono ancora le 16. Mi sento come in Final Destination, solo che a perseguitarmi [per ora e] meno male c’è la Sfortuna.

Mi sveglio e contemporaneamente spalanca gli occhi anche Lui, furastico. Una lotta greco-romana per vestirlo e infilarlo a forza nel passeggino. Quando chiudo il portone, grondo già di sudore e fuori ci sono più di 20 gradi.

L’ottimista che è in me non si arrende e impavida percorre con decisione e destrezza gli accidentati marciapiedi capitolini, canticchiando a mezz’aria PERFECT DAY di Lou Reed [doh, ironia della sorte]. A dispetto del caldo, sente un piacevole freschetto arrivare da tergo e se ne compiace, finché non inizia a interrogarsi circa la provenienza di questa strana giannetta nel posteriori. Continua a leggere

Elena Ferrante, boh. Ti credevo diversa

La inseguo da un po’, ho rimandato e rimandato per gustarmi la creatura in un periodo di calma. Il mistero sull’identità dell’autore, misto al successo planetario riscosso, hanno reso l’attesa carica di congetture e aspettative.

Come quando vai al cinema dopo che il film ha vinto 7 Oscar e tutti, pure il cane del vicino di casa, ti suggeriscono di andare. Uscita dalla sala, ci rimani un po’ male.

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Sia chiaro: è un gran bel libro, la scrittura scorre chiara e limpida come un fiumiciattolo di montagna, la storia è avvincente quanto basta per farti comprare il secondo volume e ognuno di noi vorrebbe conoscere una come Lila.

Ma. Non mi ha fatto viaggiare come succede con i libri che adoro.

Cosa diavolo mi aspetto, dite voi? Io NAUFRAGO nelle storie. E sono talebana nell’affermare che un grande romanzo deve SMUOVERMI LE VISCERE. La potenza di una scrittura asciutta, suggestiva e ironica e la profondità di certi personaggi affollati di pensieri ed equipaggiati di storie dense, vere e surreali insieme è in grado di provocarmi uno stato catatonico, del tipo:

  • tenermi sveglia fino alle 5 del mattino quando il giorno dopo è lunedì;
  • farmi imboscare il libro sotto il maglione per tirarlo fuori nei momenti più inopportuni;
  • monopolizzare pensiero e conversazioni con terzi malcapitati, non aventi la più pallida idea di avere in corso un’esperienza relazionale con una psicopatica libromane;
  • lasciarmi sognare per giorni come solo la musica riesce [mi immedesimo nella Lei, mi innamoro del Lui, scopro luoghi meravigliosi o terrificanti, mi tuffo in vite diverse, vivo altri secoli. Sono proprio lì, ecco];
  • farmi sottolineare in modo ossessivo-compulsivo le riflessioni magistrali, i dialoghi brillanti per assorbirli, sedimentarli e a momento debito rispolverarli [che poi succeda sempre e solo nella mia mente, chapeau!];
  • portarmi ogni volta a voler aprire il mio maledetto CIRCOLO DI LETTURA, come in quel film di quei matti fissati con Jane Austen [la smetterò di pensarlo solo, un giorno lo farò sul serio, giuro].

Intendetemi, non leggo solo grandi classici – anzi vado pazza per le minchiate da spiaggia, sia chiaro anche questo -, ma credevo che “L’amica geniale” fosse il romanzo italiano dei nostri tempi, insomma IL-ROMANZO-OPERA-D’ARTE. E invece non ne ho sottolineato neanche una frase e sono riuscita a resistere almeno 20 giorni prima di terminarlo.

Per cui ho deciso che sì, il prosieguo lo leggerò.. ma prima ho il bisogno fisico e mentale di essere risucchiata da un Dostoevskij e/o di sprofondare beata in un Cime tempestose!

E visto che è un caso editoriale mondiale e la mia opinione vale quanto un due a briscola, so già che l’anonima Elena non me ne vorrà.

 

Mio marito, divanista (pare) per amore

Inaugurare la stagione matrimoni con un’illuminazione, tra un prosecco e l’altro, grazie al compagno di una collega. Lo stretto di Messina come sfondo.

[stralcio di conversazione] “Sono un pantofolaio. Lei si lamenta, ma non sa che è una gran fortuna”.

[Uhm, eccone un altro] “Bene, anche tu appartieni alla categoria dei DIVANISTI, come mio marito. E perché, di grazia, sarebbe fortunata? Io sinceramente delle volte vado ai matti”

uomo sul divano

(ecco, di grazia, dov’è la gran fortuna di tutto ciò?? Così, per dire.)

“Perché vuol dire che sono soddisfatto.  Devi capire che l’uomo ha solo bisogni primari. Se esce, è per fare lo scemo. Visto che io sto bene con lei, non mi va più”.

“E una birra con un amico, non è contemplata?”

“Se c’è da andare in un posto per qualcosa va bene. Ma l’uscita fine a se stessa per gli uomini non ha molto senso. Ci chiamiamo, è più che sufficiente. Non fare questa faccia, l’uomo è un animale semplice [ndr. e possiamo tutti convenire che trattasi di  grande verità], tutto qui. Anzi, se il tuo lui comincia a scalpitare, che vuole uscire e spaccare il mondo, è lì che devi preoccuparti, perché l’insoddisfazione è alle porte”

[Perplessa, ma fila] “Uh-uh, grazie. Da questo punto di vista non l’avevo mai guardata. Devo dire che un figlio maschio aiuta, nello studio “di genere”. Senza troppo generalizzare.. siete tendenzialmente BINARI:

  • mi va, non mi va;
  • sì, no;
  • ora, mai.”

“Sono contento che tra me e tuo figlio tu stia chiudendo il cerchio. Credimi, non c’è più nulla da sapere. Ma, in quanto donna, so già che non mi ascolterai”.

C’era qualcosa di disarmante nella sua spiegazione. Semplice e lineare, un puzzle di cui possedevo tutti i pezzi, che non riuscivo a finalizzare. Mi sono sentita Gigi de “La verità è che non gli piaci abbastanza”, a cui Alex apre le porte di una ovvia verità.

Quale essere dal pensiero contorto però non mi ha intimamente convinto.

Fisso Dr. ♡ e.. naaaa. In verità credo sia nato con un Busnelli appiccicato sulle natiche, così come lui recrimina di stare con una con un missile nel didietro (ci unisce dunque una certa presenza nei rispettivi posteriori).

Ma la suddetta teoria può farmi comunque buon gioco a momenti alterni: il mio pigrone è contento con me e non freme per avere qualcos’altro.

Ciò non vuol dire che mollo la presa, col cacchio; le mie battaglie per uscire, fare, disfare, CAZZEGGIARE continueranno senza abbattimenti o teorie di sorta. Semplicemente mentre le combatto saprò che è il gioco delle parti.

E tutto questo è molto, molto più divertente!